Ci sono viaggi ed esperienze che mi hanno segnata. Tra questi, l’erasmus a Bruxelles.
BRUXELLES VISTA DAI MIEI OCCHI
Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere Bruxelles, sarebbe di sicuro VITA.
I colori della Grand Place e delle sue vetrine piene di cioccolatini e spumiglie, il verde dei parchi, i profumi di patatine, gauffres e fiori, la musica jazz che esce da qualche locale, i turisti felici che assaggiano le infinite birre, tanti visi diversi, di ogni nazionalità e tante, tantissime, lingue.
Come studentessa di lingue ho fatto domanda per l’Erasmus con un solo desiderio nel cuore: migliorare il mio inglese. I progetti ovviamente erano altri, le mete senza dubbio erano diverse, ma alla fine Bruxelles è stata la mia ultima spiaggia. Un po’ controvoglia, un po’ delusa dal sistema universitario, ma soprattutto rassegnata che quella fosse l’unica opzione per partire ho preso accordi con l’organizzazione che mi avrebbe ospitato per un tirocinio di 6 mesi.
Sono stati mesi di odio e amore profondo, in cui ho imparato tante cose, che vanno ben oltre l’inglese. Primo fra tutti il francese, che ovviamente io non ho mai studiato. Ho imparato a lavorare in un’organizzazione internazionale a contatto ogni giorno con persone provenienti da tutto il mondo, a convivere con una cultura e una lingua che non mi appartenevano, a sentirmi straniera in un posto che poi avrei chiamato casa. Proprio in quella città che io nemmeno consideravo, a cui non avrei mai dato un centesimo. Il Belgio di per sé è stato casa più di quanto lo fosse l’Italia, l’Europa lo è stata. Ho avuto la fortuna di lavorare con persone magnifiche che mi hanno insegnato che c’è sempre un di più, nelle persone, nelle esperienze, in tutto.
Viaggiando per lavoro, per piacere e per dovere, ho conosciuto persone da ogni continente (o quasi); organizzato workshop e meeting a sfondo europeo, ho condiviso cibi, culture, modi di dire, mi sono sentita in famiglia.
Bruxelles è stata vita pura, l’Erasmus il trampolino di lancio.
CAMBIO DI PROSPETTIVA
Mi sono sempre sentita dire da mia madre: “Ma dai cosa vuoi fare tu che non sei un leone”. Ricordo perfettamente quel giorno di metà dicembre, di ritorno da un viaggio di lavoro in Slovacchia su un volo di scalo Cracovia-Bruxelles, quando mi lasciai andare con la mia allora tutor e oggi amica, che mi disse: “You see, don’t be afraid, you can do whatever you want! You are a lion!”
Penso che quella sia stata la miccia che ha accesso la mia scintilla: ho imparato nuovamente ad amare i miei sogni e a non vergognarmene, ad essere libera e a brillare per quella che ero. A camminare tra le rue della città come se avessi sempre abitato li, dalla Bourse a Mont des Arts, dall’Ilot Sacrè al Mannequin Pis, fino a Sablon e all’Atomium.
E non passa giorno in cui quella VITA mi manchi più di ogni cosa.
A presto, Anna.
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